Il progetto di architettura nasce da un processo di confronto fra committente e progettista.
Nell’ evoluzione del rapporto, questo confronto può essere incoraggiato, approfondito, limitato o perfino rifiutato, ma è innegabile che l’atto di partenza sia la richiesta del committente, cui segue la proposta del progettista.
Anche quando il committente è talmente convinto delle capacità del suo progettista da dargli carta bianca (forse a quelli bravi capita?!), il solo atto di tasmettere un’esigenza, sia la nuova casa, la nuova sede aziendale o un nuovo prodotto, presuppone un comportamento attivo da parte del committente cui corrisponde un comportamento ugualmente attivo da parte del professionista sebbene condizionato, appunto, dalla precedente richiesta.
Nella maggior parte dei casi comunque, l’ esperienza insegna che i vincoli imposti dalla committenza sono sempre molti e derivano da molteplici fattori: gusti personali o linee di condotta aziendali, esigenze funzionali, soprattutto esigenze economiche.
Dal semplice abbattimento di una parete alla ripogettazione di parti di città, la necessità di confrontarsi con la quantità di risorse messe a disposizione è una costante della nostra pratica quotidiana, e condiziona in maniera decisiva, anche se non sempre negativa, il nostro lavoro.
Ma quando i limiti imposti, per esempio nella progettazione di un manufatto o di uno spazio di rilevanza pubblica e quindi a forte impatto sociale, sono tali da impoverire in modo decisivo il progetto fino a rischiare di dar vita ad un risultato non pienamente soddisfacente, o addirittura negativo, quale deve essere il comportamento del progettista?
E’ sufficiente, una volta che si venga messi di fronte alle proprie responsabilità, rispondere “non l’ho deciso io, è la committenza che l’ha voluto così”?
Crediamo ovviamente di no.
E’ necessario un impegno etico, oltre che progettuale, che porti realmente ad ottenere il risultato migliore fra quelli possibili e che porti il confronto con la c??m???ommittenza anche ad affrontare questo tipo di problemi, sottolineando l’importanza della portata dei risultati e la responsabilità sociale che questa comporta.
La prossima volta sulla liberalizzazione delle tariffe.Alessandro Pretini e Francesca Nuti
Nell’ evoluzione del rapporto, questo confronto può essere incoraggiato, approfondito, limitato o perfino rifiutato, ma è innegabile che l’atto di partenza sia la richiesta del committente, cui segue la proposta del progettista.
Anche quando il committente è talmente convinto delle capacità del suo progettista da dargli carta bianca (forse a quelli bravi capita?!), il solo atto di tasmettere un’esigenza, sia la nuova casa, la nuova sede aziendale o un nuovo prodotto, presuppone un comportamento attivo da parte del committente cui corrisponde un comportamento ugualmente attivo da parte del professionista sebbene condizionato, appunto, dalla precedente richiesta.
Nella maggior parte dei casi comunque, l’ esperienza insegna che i vincoli imposti dalla committenza sono sempre molti e derivano da molteplici fattori: gusti personali o linee di condotta aziendali, esigenze funzionali, soprattutto esigenze economiche.
Dal semplice abbattimento di una parete alla ripogettazione di parti di città, la necessità di confrontarsi con la quantità di risorse messe a disposizione è una costante della nostra pratica quotidiana, e condiziona in maniera decisiva, anche se non sempre negativa, il nostro lavoro.
Ma quando i limiti imposti, per esempio nella progettazione di un manufatto o di uno spazio di rilevanza pubblica e quindi a forte impatto sociale, sono tali da impoverire in modo decisivo il progetto fino a rischiare di dar vita ad un risultato non pienamente soddisfacente, o addirittura negativo, quale deve essere il comportamento del progettista?
E’ sufficiente, una volta che si venga messi di fronte alle proprie responsabilità, rispondere “non l’ho deciso io, è la committenza che l’ha voluto così”?
Crediamo ovviamente di no.
E’ necessario un impegno etico, oltre che progettuale, che porti realmente ad ottenere il risultato migliore fra quelli possibili e che porti il confronto con la c??m???ommittenza anche ad affrontare questo tipo di problemi, sottolineando l’importanza della portata dei risultati e la responsabilità sociale che questa comporta.
La prossima volta sulla liberalizzazione delle tariffe.Alessandro Pretini e Francesca Nuti