ARCHIVIO 10/05/2006 – Fuksas a San Donnino

Ieri mattina Masssimiliano Fuksas è intervenuto al Polispazio , Fondazione Spazio Reale di San Donnino (Campi Bisenzio) per presentare il suo progetto per il recupero dell’ area Ausonia, un sito industriale dismesso ad alta pericolosità che necessita di immediata bonifica.
Al di là del parere sull’ intervento architettonico riguardante la costruzione di nuovi alloggi a basso costo, ancora allo stato embrionale e comunque caratterizzato dall’ultimo “stile fuksas”, ci è sembrato interessante il breve intervento dell’ architetto a proposito delle nostre periferie urbane e su cosa vuol dire progettare delle case oggi.
Per persone che, memori delle esperienze dei maestri del Movimento Moderno, hanno speso gran parte della loro carriera uiversitaria imparando a creare abitazioni ideali di vario genere, esperieza che molto difficilmente hanno poi ripetuto nella carriera professionale, sentirsi dire chiaramente che agli architetti moderni progettare case non interessa è stata come una specie di illuminazione.
Soprattutto perchè, facendo eccezione per un eventuale incarico per una grande villa unifamiliare in un lotto sul mare o in mezzo ad amene montagne, forse si tratta della pura e semplice verità.
L’ incarico da parte dell’ immobiliarista di turno riguardante il complesso abitativo in periferia è visto con un misto di diffidenza e voluttà: speriamo che arrivi ma che mi invento se mi arriva?
Ti guardi intorno e pensi: “Come farò io a staccarmi da questo squallore quando l’impresario mi imporrà di ridurre i costi e di massimizzare il profitto sfruttando anche l’aria, quando l’ amministrazione comunale di turno, nella persona del più solerte dei funzionari, mi reciterà l’ articolo del Regolamento Urbanistico che mi vieta in modo inderogabile quel bellissimo porticato, quando infine mi verrà detto che va bene tutto, va bene l’ architettura, ma io queste case le devo vendere, ha capito architetto?
Proprio in questo sta, a nostro parere, l’ interesse della sfida di Fuksas che, certo, forte della sua bravura e della sua fama internazionale, avrà la possibilità di trattare con tutti gi attori coinvolti nell’operazione con un grande peso contrattuale, ma che comunque ha accettato di misurarsi con un tema progettuale che all’opinione pubblica sembra il più diffuso, perchè certo il più banalizzato dalla pratica giornaliera di migliaia di “progettisti”, ma che al contario rappresenta davvero una sorta di spauracchio professionale per chi lo voglia affrontare con serietà e coscenza.
Poi c’è il problema dei panni stesi, ma di quello parleremo un’altra volta.

Alessandro Pretini e Francesca Nuti